Il Museo
Il Museo Diocesano di Mazara, nato nel 1993, ha sede all’interno del monumentale edificio settecentesco del Seminario, progettato dal celebre architetto Gian Biagio Amico. Esso raccoglie testimonianze estremamente significative per la storia della città, della Diocesi, fondata dai Normanni nel 1093, e dell’intero territorio. Si distingue per importanza il “monumento Montaperto” (1469-1484) proveniente dalla Cattedrale, commissionato dal vescovo Giovanni Montaperto al celebre artista Domenico Gagini e considerato dagli studiosi il capolavoro della maturità del grande scultore bissonese, portatore del Rinascimento in Sicilia. Il Monumento è costituito dal sarcofago e da un gruppo di statue tra cui le quattro Virtù cardinali che sostengono l’arca sepolcrale del vescovo, il Redentore, la Vergine Annunziata, i quattro Evangelisti e Santa Caterina d’Alessandria.
Altri esempi della grande statuaria sono riferiti a nomi come Ignazio Marabitti (1719-1797), uno dei più importanti artisti del Settecento siciliano, che ha realizzato un intenso e raffinato Sant’Ignazio, commissionato per l’omonima chiesa di Mazara dalla Compagnia di Gesù. Allo stesso Marabitti è attribuito il drammatico Christus Dolens, in prezioso alabastro carnicino, scolpito con virtuosistica perizia. Dalla crollata volta della citata Chiesa di Sant’Ignazio provengono gli affreschi di Domenico La Bruna (1669-1763), staccati ed oggi esposti nella Galleria Pinacoteca, insieme alla collezione della quadreria. La carrozza del vescovo Antonio Salomone (1845-1857) e la portantina del vescovo Carmelo Valenti (1858-1882), in perfetto stato di conservazione, sono affascinanti testimonianze storiche della vita curiale dei secoli scorsi. La grande “Sala degli Argenti” accoglie poi un “tesoro” costituito da argenti e paramenti sacri, più di cento opere di sacre suppellettili di arte liturgica (croci, reliquiari, pissidi, ostensori) che datano dall’età medievale ai nostri giorni, con un forte nucleo di opere di età barocca. Si distinguono le pregevoli croci astili di Salemi e Mazara: la prima, firmata dall’artefice Johannes de Cioni, è datata in cartiglio al 1386, mentre la seconda, attribuita a Giovanni di Spagna, è datata alla prima metà del secolo XV.
Simbolo del Museo sin dalla sua nascita è il grifone che fa da nodo al grande ostensorio barocco commissionato dal vescovo Francesco Maria Graffeo e realizzato da un argentiere trapanese tra il 1685 ed il 1695. Il grifone, animale fantastico ereditato dai bestiari medievali, richiama araldicamente il nome dell’illustre committente ma è soprattutto “animale cristologico”, poiché riunisce in sé le due nature celeste e terrestre, come Gesù quelle umana e divina. Non a caso si erge sul bocciolo del cardo che, con la sua struttura spinosa, è rimando iconografico-simbolico ai tormenti della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Di gran pregio anche una monumentale urna-repositorio che reca il marchio delle officine di Trapani (bottega dei Lotta, 1743); tutta la superficie, rivestita in lamina d’argento, è decorata da un ricco ornato fitomorfo, in cui sono inseriti “teatrini” con scene dell’Antico Testamento legate al tema del sacrificio.
Il percorso museale offre dunque l’opportunità di seguire, attraverso un itinerario cronologico e tematico legato all’arte sacra, le trasformazioni stilistiche e le peculiarità iconografiche delle produzioni monumentali e suntuarie, ma anche le relazioni culturali e la circolazione delle tradizioni artistiche tra i popoli del Mediterraneo. Statue, dipinti, manufatti preziosi, costituiscono importanti e suggestivi frammenti della memoria storica e dell’identità culturale delle comunità che li hanno prodotti.